Questa triste vicenda, che riguarda un Paese del 'primo mondo' e un passato quantomai prossimo, dimostra come non vi sia modo più efficace, per permettere l'accumulazione originaria (anche detta 'primitiva') del Capitale, che la schiavitù o la semi schiavitù, legittimata ideologicamente, nell'accumulazione primitiva classica, dal razzismo verso gli africani (o, ancor prima, verso gli schiavi irlandesi da parte degli inglesi), oppure, come nel caso in questione, da ragioni (pseudo) sociali: di fatto, solo trattenendo quantità di valore enorme dal salario il Capitale può concentrarsi in maniera massiccia e in tempi brevi per permettere trasformazioni interne (ovvero inerenti alla stessa classe economicamente egemone, non quindi una trasformazione rivoluzionaria che è per definizione la conquista del potere da parte di una classe precedentemente subalterna) e modernizzazione dei metodi di produzione.
Il fatto che la meccanizzazione dell'agricoltura abbia fatto terminare il fenomeno è secondo me un'inversione del nesso di causalità: probabilmente fu proprio attraverso l'accumulo di plus valore, realizzato tramite i 'bambini a contratto', che questo processo esteso di meccanizzazione è stato possibile.
da http://www.thepostinternazionale.it/mondo/svizzera/i-bambini-a-contratto
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Il fatto che la meccanizzazione dell'agricoltura abbia fatto terminare il fenomeno è secondo me un'inversione del nesso di causalità: probabilmente fu proprio attraverso l'accumulo di plus valore, realizzato tramite i 'bambini a contratto', che questo processo esteso di meccanizzazione è stato possibile.
da http://www.thepostinternazionale.it/mondo/svizzera/i-bambini-a-contratto
Per quasi 150 anni, venivano allontanati dalle famiglie con difficoltà economiche e usati come manodopera rurale in Svizzera

David Gogniat aveva otto anni quando nel 1946 tre uomini in divisa fecero irruzione nell’abitazione in cui viveva con la madre, nella città di Berna, in Svizzera.
Mentre un agente di polizia immobilizzava la donna, gli altri due lo caricavano su una macchina che l’avrebbe portato alla sua nuova casa: una vecchia fattoria di campagna, dove la sua nuova famiglia lo obbligava a lavorare prima e dopo gli orari scolastici.
Gogniat oggi ha 76 anni ed è un uomo di una stazza impressionante. Ancora non sa perchè sia stato rapito. Fino a quel momento aveva vissuto un’infanzia felice, anche se sua madre era povera, e suo fratello maggiore e le sue sorelle erano stati portati via dalla polizia un anno prima di lui.
Nella fattoria dove veniva tenuto, la sua giornata iniziava alle sei del mattino e terminava alle dieci di sera. Il suo patrigno era un individuo particolarmente violento. “Lo descriverei quasi come un tiranno. Avevo paura di lui. Aveva un pessimo carattere e mi picchiava anche per le ragioni più insignificanti”, racconta Gogniat.
Gogniat e i suoi fratelli sono solo alcuni dei verdingkinder – i bambini a contratto – che sono stati usati come manodopera a basso costo nelle aree rurali della Svizzera tra il 1850 e il 1979.

Secondo gli storici del Paese, il fenomeno avrebbe coinvolto centinaia di migliaia di bambini, che venivano prelevati con la forza da tutti quei nuclei familiari residenti nelle aree urbane che lo stato aveva identificato come inadatti al sostentamento dei figli. I bambini, quindi, venivano assegnati alle famiglie contadine bisognose di manodopera.
La storica svizzera Loretta Seglias afferma che nella maggior parte dei casi i bambini venivano rimossi dalle proprie famiglie “per ragioni economiche”.
Secondo Seglias, la povertà delle aree rurali svizzere, aggiunta al fatto che l’agricoltura nel Paese non è divenuta meccanizzata fino alla seconda metà del Novecento, hanno fatto sì che i contadini siano ricorsi, con il supporto del governo, all’uso del lavoro minorile dei verdingkinder.
La progressiva meccanizzazione dell’agricoltura, e il diritto di voto ottenuto dalle donne svizzere nel 1971, hanno gradualmente portato alla scomparsa della figura dei bambini a contratto.

Lo scorso anno il governo svizzero ha riconosciuto per la prima volta le sue colpe e ha chiesto scusa a tutte le persone che sono state coinvolte in questo tipo di pratica. “Non possiamo continuare a far finta di niente, l’abbiamo già fatto troppo a lungo”, ha dichiarato il ministro della Giustizia svizzero Simonetta Sommaruga, a margine di quello che ha definito “un giorno di confessione e un appello a non dimenticare”.
La notizia emersa pochi giorni fa è che Guido Fluri, un attivista svizzero che lo scorso aprile aveva lanciato una petizione per richiedere il risarcimento dei danni causati ai verdingkinder, è riuscito a raggiungere la quota necessaria di 100mila firme.
Per questa ragione, la petizione, che prevede un risarcimento di oltre 400 milioni di euro destinati ai circa 10mila verdingkinder ancora in vita, potrebbe addirittura diventare materia di un referendum su scala nazionale.

Il governo svizzero non si è ancora espresso in maniera esplicita sulla campagna sponsorizzata da Fluri. Il sindacato de l’Unione degli agricoltori del Paese invece si è detto favorevole, a patto che a pagare non siano gli agricoltori.
Secondo il presidente dell’Unione, Markus Ritter, bisognerebbe contestualizzare il fenomeno deiverdingkinder e comprendere che le famiglie contadine stavano svolgendo una funzione sociale, offrendo alloggio e riparo a bambini che provenivano da famiglie con difficoltà economiche.
“Abbiamo ricevuto molti feedback da bambini che sono stati trattati bene... ma siamo anche consapevoli che alcuni di loro invece non sono stati trattati in maniera opportuna”, ha detto Ritter.

Le immagini sono di Paul Senn
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da http://www.giornalettismo.com/archives/1647289/quando-svizzera-mandava-lavori-forzati-i-figli-dei-poveri/
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da http://www.giornalettismo.com/archives/1647289/quando-svizzera-mandava-lavori-forzati-i-figli-dei-poveri/
I «bambini a contratto» o verdingkinder sono una macchia indelebile nella storia della Svizzera, che ancora discute come compensare i sopravvissuti allo sfruttamento intensivo e forzato del lavoro dei figli dei poveri, protrattosi dal 1850 fino all’alba degli anni ’70.
È ORA DI PAGARE - Il parlamento svizzero freme, Guido Fluri ha ottenuto le 100.000 firme che servono per sottoporre la questione dei risarcimento aiverdingkinder a referendum, una decisione che sembra godere di ampio consenso nella società, ma che il Bundeshaus ha sempre evitato di prendere. Il referendum chiede di destinare 500 milioni di franchi ai 10.000 «bambini a contratto» che a oggi sono sopravvissuti. L’unione degli agricoltori si è detta d’accordo con la misura, a patto che non paghino gli agricoltori, i principali beneficiari dei lavori forzati ai quali sono stati destinati gli orfani e i figli dei poveri dal 1850 fino a oltre il 1970.
UNA VERGOGNA CHE TORNA DAL PASSATO - Una storia oscura, circondata da omertà e riemersa solo negli anni scorsi, che racconta di come in Svizzera i bambini dei poveri siano stati sistematicamente sottratti alle famiglie a migliaia (un dato relativo al 1930 parla di 30.000 al tempo) e mandati ai lavori forzati presso famiglie «tutrici». L’idea in teoria era quella di sottrarli alla miseria e d’insegnare loro un mestiere, ma poi i bambini finivano letteralmente assegnati all’asta nelle piazze dei villaggi e affidate a famiglie che li trattavano come forza lavoro a basso costo e non certo come figli adottivi.
QUANDO LA SVIZZERA ERA POVERA - Storie di una Svizzera povera, nella quale l’agricoltura non ancora meccanizzata aveva bisogno di braccia a buon mercato, ma i bambini finivano anche affidati a genitori che li mandavano a fare le pulizie e altri servizi nelle città. Beffa nella beffa, le famiglie d’origine pagavano quel che potevano per assicurare ai figli il miglior trattamento possibile e contribuire al loro mantenimento, senza tuttavia poterli vedere. Lontani dai genitori, invisibili ai pochi controlli degli assistenti sociali, alcuni di loro furono addirittura rapiti dai veri genitori una volta che si resero conto del destino loro riservato dalle autorità.
LA SVIZZERA ARRETRATA - Storie documentate, che la storica Loretta Seglias ha raccolto e di recente raccontato anche a BBC, che ha dedicato al fenomeno un lungo articolo, ricco di testimonianze degli ex bambini a contratt, nel quale si spiega la genesi e l’estensione del fenomeno. Storie brutte, anche se non tutte le esperienze furono tragiche, storie numerosissime di violenze fisiche e anche storie di abusi sessuali, che hanno rovinato per anni la vita di migliaia di giovani svizzeri e delle loro famiglie. Solo con l’arrivo della meccanizzazione in agricoltura e con il cambiamento culturale verificatosi negli anni ’60, gli svizzeri decisero di mandare in pensione il fenomeno, in silenzio, esaurendo lentamente il ricorso alla barbara pratica. Non che ci sia da stupirsi, la Svizzera ha concesso il voto alle donne solo nel 1971, la velocità nel prendere atto delle conquiste sociali in atto oltre le sue frontiere non è mai stata una qualità svizzera.