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APPLE E LE TASSE

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La tecnologia è dato che divide: da una parte abbiamo chi la detesta a priori, vedendola come un male in sè e non accorgendosi talvolta di produrre un pensiero alienato, visto che la tecnologia non esiste in sè e per sè; altri la vedono come potenziale liberatorio, facendo l'errore speculare a quello dei primi (ovvero, considerandola in sè e per sè, ma in senso opposto) e ripetendo un certo filone positivista, da Comte allo stesso Marx, proprio quel Marx in cui secondo me il pensiero era più debole proprio dove vedeva nel mix socialismo più tecnologia la semplice ricetta del progresso futuro senza elaborare mai una precisa teoria dello stato post rivoluzionario, con tutti i problemi che questo creò poi ai bolscevichi, mentre il concetto di scienza per Marx comprendeva sia il suo pensiero politico, sia la tecnologia che la teoria scientifica generale ( come avrebbe fatto poi il neopositivismo), mentre oggi esiste un dibattito molto forte, da Popper in poi, se la scienza non sia piuttosto la sola teoria in quanto solo essa con caratteri di universalità e falsificabilità insieme, ma qua è cosa per specialisti e la lascio solo come spunto, essendo io peraltro non in grado di affrontare una questione del genere.
Semplicemente, e tralasciando la questione complessissima dei rapporti  tra scienza e tecnologia e considerando solo quest'ultima, la tecnologia dipende sempre da cosa si cerca da essa, e dunque dall'investimento iniziale e dall'humus sociale, per cui può sicuramente produrre diletto e avanzamento e allargamento della conoscenza, ma in sè non  sarà mai nulla, essendo questa conoscenza e questo diletto derivati da precisi investimenti, da precisi calcoli costi benefici, e non ultimo, rimanendo del tutto interni allo sfruttamento del Capitale sul Lavoro e sull'umanità (lo sfruttamento del lavoro è già ipso facto sfruttamento dell'umanità giacchè trasforma un'attività fondamentale dell'intelletto, il lavoro inteso nel senso di trasformazione cosciente e soggettiva del mondo esterno, in serialità alienata).
Non essendo fondata in sè, va da sè che la questione teconologica non contiene in sè nè il male nè il bene: come ogni forma dell'umano pensare ed agire, essa assume forme e sostanze del mondo socioeconomico che la produce.
Fatte queste minime considerazioni preliminari, credo che l'articolo sappia addentrarsi, con anche un buon dono sintesi, sulle declinazioni concrete del problema appena accennato.

http://www.senzasoste.it/tecnologie/apple-e-le-tasse

In questi anni i tecno-entusiasti non solo hanno sottolineato l'indiscutibile cambiamento connesso alle nuove tecnologie della comunicazione, a partire dalla vita quotidiana di ognuno, ma hanno richiamato il potere di trasformazione socio-economica implicito in tali tecnologie, caricandole di un ruolo che sembra sovrastimato. L'esperto di economia del web Yochai Benkler, che Carlo Formenti definisce «anarco-liberista», ha teorizzato per i nuovi media la produzione orizzontale, in cui tendenzialmente i singoli individui possono competere con le big company del settore dentro un inedito contesto tra pari.
La relazione tra tecnica e cambiamento indubbiamente è complesso, ma si può affermare che è andato sviluppandosi un pensiero che individua nelle nuove tecnologie dell'informazione un mezzo attraverso il quale poter cambiare i connotati al sistema. Dalla prefigurazione di una riforma piena in senso liberista (la competizione davvero tra uguali) fino a un sistema di condivisione e socializzazione, passando per la democrazia partecipata o diretta. Ma su tali temi la questione non è mai tecnica, esistono problemi di ordine socio-economico e politico.
È più probabile che gli assetti dell'attuale economia di mercato assorbano le innovazioni piuttosto che farsi cambiare i connotati. Abbiamo diversi segnali in questa direzione. Non tanto per come agli inizi del secolo sia esplosa in maniera piuttosto tradizionale la bolla delle dot-com, quanto per come i principali attori delle nuove tecnologie stiano ibridandosi, nel loro crescere di status, coi consueti meccanismi di mercato. Il rapporto con le Borse finanziarie per i colossi del web è stato congenito fin dagli anni Novanta; dopo la crisi e la selezione di mercato, è ripartita una seconda andata in borsa con recenti protagonisti come i titoli di Facebook, che hanno esordito con una capitalizzazione 26 volte superiore al valore del proprio fatturato, sono poi precipitati per ritornare nuovamente dopo un anno ai valori iniziali.
Ma la compenetrazione tra sistema finanziario e start up non si esaurisce qui. Il Financial Time ha annunciato che Facebook potrebbe ricevere l'autorizzazione dalla Banca centrale irlandese per farsi banca, offrendo servizi finanziari e pagamenti elettronici e dunque aprendo nuovi scenari. Come sostiene Luca De Biase, giornalista che segue il mondo digitale, «il denaro è informazione»: chi meglio di coloro che si occupano di informazione potrebbe gestire il denaro? Per soggetti che da tempo studiano la propria utenza in fatto di gusti, preferenze e orientamenti, il vantaggio di occuparsi di servizi di carattere finanziario è notevole. Tali compagnie possiedono, inoltre, una capacità sfuggente a cui si affianca quella di contare sulla localizzazione più favorevole in termini di regole fiscali, alterando ulteriormente la gestione di depositi e scambi internazionali. Basti pensare al contenzioso aperto dalle indagini della magistratura di Milano sulla Apple che per il 2013 ha pagato tasse in Italia per una cifra pari a 8 milioni di euro, mentre solo la dozzina dei suoi Apple store hanno fatturato quasi 300 milioni. Il sospetto è che l'azienda di Copertino abbia eluso per il biennio 2010-2011 oltre 1 miliardo di imponibile. L'escamotage con cui si pagano meno tasse del dovuto appare quasi legale, in quanto la maggioranza dei costi vengono pagati in Irlanda, secondo una logica competitiva al ribasso sulla tassazione.
Come ogni innovazione tecnica anche i nuovi media rappresentano un fattore pieno di ambivalenze, da un lato potenzialità liberatorie e di partecipazione, dall'altro la tendenza a farsi fagocitare dagli assetti socio-economici dominanti. Le tante analogie con il sistema vigente fanno propendere per tale torsione. Non è forse un caso che il 16 e 17 maggio in varie città d'Europa, a Roma, Milano, Bologna, per la prima volta si sia manifestato davanti agli Apple store. Ritorno al futuro?
Marco Bertorello
15 maggio 2014

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