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STOP TTIP. LETTERE INGLESI.

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Oggi parleremo del dibattito sul TTIP nella società britannica, e lo faremo tramite i compagni di eQual.
eQual  è un collettivo mantovano che, citandoli direttamente, 'Si occupa di diritto alla città, sostegno ai lavoratori e contrasto alle politiche razziste e discriminatorie.'e su cui possiamo informarci guardando il loro sito: https://equalmn.wordpress.com/
Uno di loro vive in Inghilterra e ha mandato ai compagni questa lettera in cui descrive la situazione; uno di loro ha avuto piacere di girarcela e noi, ringraziandolo, la pubblichiamo con interesse.





Cari associati eQual,
in quanto ‘eQualitario’ residente in Inghilterra, indosserò i panni del giornalista corrispondente e vi farò un breve resoconto di come è il dibattito sul TTIP qui in Inghilterra. Il tema della Partnership tra Stati Uniti ed Unione europea è entrato ormai da qualche mese nelle colonne dei giornali nazionali. Mentre Guardian e BBC si limitano ad osservare la marcia di Berlino di sabato scorso (250 000 persone) e pubblicano articoli abbastanza "neutrali" sui ‘pro’ e ‘contro’, sull’Independent avviene un interessante scambio di battute tra il commentatore John Hilary e la svedese Cecilia Malmström (centro-destra). Quest’ultima, Trade Commissioner dell’UE, manda una lettera in risposta ad un precendente articolo su di lei nel quale Hilary la accusava di essere al soldo delle lobbies e di non essere in grado di valutare gli “spaventosi” rischi del TTIP. La lettera della Trade Commissioner, sbilanciata a favore del TTIP, conclude con quel pragmatismo tipico di certi liberali: “voglio che il dibattio sul TTIP sia basato sui fatti”. Ci vuole poco per interpretare il pensiero di una delle personalità decisive di Bruxelles con “ben venga, e poi, se non funziona, si potrà discutere di cambiarlo”. Peccato che sarà, come sempre, troppo tardi per rimediare ai danni compiuti. ll premier conservatore David Cameron si dichiara a favore della Partnership, in linea di continuazione con i rapporti strettissimi (non solo economici) tra USA e Regno Unito. Non sorprende nemmeno lo scetticismo dello UKIP, il partito indipendentista britannico di destra, in quanto la realizzazione della Partnership getterebbe la ‘vecchia Inghilterra’ ancora di più (e già lo è) in un’economia globalizzata che farebbe piazza pulita delle piccole attività locali, dai ‘country pubs’ al settore manifatturiero e agricolo. Il leader di UKIP Farage, tende comunque le orecchie ai fratelli maggiori ‘Tories’. All’opposizione vi sono, naturalmente, i partiti di sinistra (Labour, Liberal Democrats e Green Party). La posizione del leader laburista Jeremy Corbyn è nettamente sfavorevole al TTIP, soprattutto per quanto riguarda il rischio di privatizzazioni selvagge, magari a società transatlantiche, dei servizi pubblici. Critico, inoltre, sulle modalità di negoziazione della Partnership, avvenute “in segreto tra USA e UE”. Sembra, con Corbyn, che i Labour abbiano ritrovato quel ‘qualcosa di sinistra’ che in Italia manca da decenni. A sinistra anche lo Scottish National Party, partito indipendentista scozzese, si allinena contro la Trading Partnership. In conclusione: qui nel Regno Unito , del TTIP ne parlano più i giornali e i politici che i cittadini (eccetto, chiaramente, nell’ambito dell’attivismo, in cui vi è una forte partecipazione). E’ un po’ l’inverso che in Italia. Del resto, i rischi sono percepiti dalle persone in misura molto maggiore a sud delle Alpi, con le nostre economie vacillanti e instabilità sociali. Per quanto possa essere indicativo la pagina Facebook STOP TTIP UK ha 6,022 Likes, mentre quella italiana 22,979. Non stiamo andando male, non perdiamoci nella solita esterofilia, ma c’è ancora un muro da superare, ovvero la cortina di ferro imposta da una classe politica favorevole al TTIP (per cui, totalmente disinformata) che controlla i media nostrani. Ci vorrebbero, almeno a sinistra, voci forti e figure visibili… Ah! Vado a buttare la pasta…
Giovanni Varelli Cambridge, 18 ottobre 2015.

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