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STATO E COMUNI, TASSE E TAGLI

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da http://ilmanifesto.info/stato-e-comuni-solo-tasse-e-tagli/


Lo studio Cgia. Otto euro su 10 versati all’erario se li prende l’amministrazione centrale. I sindaci rimangono a secco, ma comunque non restano a guardare: negli ultimi anni hanno chiesto ai residenti più di quanto aveva tolto loro il governo



Manifestazione di sindaci di piccoli comuni davanti a Montecitorio


Sarà anche «bel­lis­simo pagarle», ma forse ancora di più riscuo­terle. Almeno per lo Stato che, di tutte le tasse che ver­siamo, incassa il 78%, lasciando agli enti locali solo il restante 22%. A con­fer­marlo, l’ultimo stu­dio dell’Associazione degli arti­giani di Mestre che ana­lizza anche la com­po­si­zione di tutti i tri­buti che ogni anno paghiamo. Nel 2014, dei 485,8 miliardi di entrate tri­bu­ta­rie, ben 379,7 miliardi sono andati all’erario, men­tre nelle casse dei gover­na­tori e dei sin­daci «sono stati ver­sati solo, si fa per dire, 106,1 miliardi di euro».
Un dato che non sor­prende affatto Piero Fas­sino, pre­si­dente dell’Anci che al mani­fe­sto ricorda come sia falsa l’immagine di uno Stato che in que­sti anni avrebbe abbas­sato le tasse e di enti locali che le avreb­bero alzate. «Come tutti i dati mostrano — spiega il sin­daco di Torino — que­sta è un’immagine che non cor­ri­sponde al vero».
Gli ana­li­sti del cen­tro studi della Cgia di Mestre, dopo aver rico­no­sciuto che negli ultimi sette anni si è regi­strato un vero e pro­prio crollo dei tra­sfe­ri­menti a regioni ed enti locali, per le mano­vre cor­ret­tive di finanza pub­blica, se la pren­dono anche con gli enti locali, rite­nuti respon­sa­bili — a loro dire — di aver «aumen­tato i tri­buti in misura supe­riore ai tagli pra­ti­cati dal potere centrale».
«In que­sti ultimi anni — com­menta Paolo Zabeo della Cgia — i tra­sfe­ri­menti sta­tali a bene­fi­cio di regioni ed enti locali sono pas­sati dai 53 miliardi di euro nel 2000 ai 35 miliardi nel 2013, con una fles­sione del 35%, pari a 18 miliardi di euro. Sem­pre nello stesso periodo, le entrate tri­bu­ta­rie a livello locale sono cre­sciute di 32,6 miliardi. Un importo, quest’ultimo, net­ta­mente supe­riore ai 18 miliardi di tagli subiti».
Dati che, per il pre­si­dente dell’Anci, non tro­vano riscon­tro nell’esperienza quo­ti­diana dei sin­daci. Fas­sino si domanda anche quali siano i tri­buti a cui fa rife­ri­mento l’ufficio studi di Mestre. «Pre­sumo — pro­se­gue Fas­sino — che in que­sto cal­colo abbiano messo l’Imu, l’Ici e la Tasi che sono a tutti gli effetti tasse locali ma che, è oppor­tuno ricor­dare, per il 50% sono pre­le­vate dallo Stato. I dati Istat dimo­strano che l’aumento della fisca­lità locale ha coperto non più del 60% della ridu­zione dei tra­sfe­ri­menti e delle risorse che i comuni hanno subito con i tagli decisi dai governi».
Anche il gover­na­tore leghi­sta del Veneto, Luca Zaia, non ci sta e se la prende, nean­che a dirlo, con Roma ladrona. «A Roma — dichiara il gover­na­tore — sono tas­sa­tori pro­fes­sio­ni­sti. Fanno finta di tagliare le impo­ste a livello cen­trale e sca­ri­cano l’onere dei man­cati introiti sugli enti locali. Ormai abbiamo capito tutti il gio­chino di Renzi e col­le­ghi: ingras­sare la spesa pub­blica cen­trale e camuf­fare i pre­sunti risparmi con tagli veri che stran­go­lano regioni e comuni, spe­cie quelli virtuosi».
Il gover­na­tore del Veneto dimen­tica però di ricor­dare che gli anni presi in esame dalla ricerca, sono anche quelli in cui la Lega Nord gover­nava insieme a Ber­lu­sconi, con­tri­buendo a far cre­scere la spesa pub­blica, soprat­tutto quella dello Stato centrale.
«Nell’immaginario col­let­tivo — con­clude la Cgia di Mestre — si è dif­fusa l’idea che in que­sti ultimi anni gover­na­tori e sin­daci sareb­bero diven­tati dei nuovi gabel­lieri, men­tre lo Stato avrebbe alleg­ge­rito la pres­sione fiscale nei con­fronti dei con­tri­buenti. In realtà, le cose non sono andate pro­prio così. Se è vero che negli ultimi 15 anni le tasse locali sono aumen­tate del 48,4%, quelle delle ammi­ni­stra­zioni cen­trali sono cre­sciute del 36,1%. Un po’ meno, ma non di molto».
In ter­mini asso­luti, que­sto signi­fica che se dal 2000 le impo­ste locali hanno comin­ciato a cor­rere, quelle era­riali hanno regi­strato in valori asso­luti un’espansione molto più vigo­rosa, con il risul­tato che le fami­glie e le imprese, loro mal­grado, sono state costrette a pagare sem­pre di più. Dalle Regioni e dagli enti locali abbiamo subito un aggra­vio fiscale di 34,6 miliardi di euro, men­tre il peso del fisco nazio­nale è aumen­tato di ben 100,7 miliardi.
Que­sti dati, spiega Gustavo Piga, pro­fes­sore di Eco­no­mia poli­tica all’Università Tor Ver­gata di Roma, mostrano la grande ipo­cri­sia di uno Stato che sca­ri­cando le pro­prie respon­sa­bi­lità lascia soli — di fatto — gli enti locali di fronte a una domanda di ser­vizi pub­blici che con l’invecchiamento gene­rale della popo­la­zione ine­vi­ta­bil­mente aumenta. «Comuni e regioni, d’altra parte, non sem­brano avere nes­suna inten­zione di met­tere fine agli spre­chi, alla cor­ru­zione e alle inef­fi­cienze», aggiunge Piga.
La verità, per l’economista di Tor Ver­gata, è che se da una parte si per­se­gue il pareg­gio di bilan­cio e le poli­ti­che di auste­rità volute dall’Europa, e dall’altra si pro­mette un taglio deciso dell’Irap, come annun­ciato da Renzi, que­sto sarà sca­ri­cato, con tutta pro­ba­bi­lità, sugli enti locali. Insomma, meno ser­vizi ai cittadini.

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