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L'ITALIA NON RIPARTE.

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Produzione giù. Brusca diminuzione dell'indice Istat in gennaio: industria -0,7%. Male anche i prestiti alle famiglie e alle imprese: -1,8%. E allora non resta che sperare nel "mitologico" piano Juncker
da  http://ilmanifesto.info/niente-ripresa-made-in-renzi-litalia-non-riparte/



La ripresa non è così facile come sem­bra. In gen­naio, secondo l’Istat, la pro­du­zione indu­striale ita­liana ha subito una bru­sca bat­tuta di arre­sto, rag­ge­lando le spe­ranze di un’accelerata del Pil: l’indice desta­gio­na­liz­zato è sceso dello 0,7% rispetto allo stesso mese del 2014, una mar­cia indie­tro piut­to­sto mar­cata e anche ina­spet­tata. Ma non basta: un altro dato che segna le dif­fi­coltà della nostra eco­no­mia, lo ha dif­fuso Banca d’Italia, e regi­stra un aumento della con­tra­zione dei pre­stiti alle imprese e alle famiglie(-1,8%) e una cre­scita delle sof­fe­renze ban­ca­rie (+15,4%).
Tutto que­sto men­tre alcuni com­parti della nostra indu­stria, al con­tra­rio, cor­rono: e con uno svi­luppo note­vole, a dop­pie cifre. È il caso della pro­du­zione di auto­vei­coli (che in Ita­lia vuol dire pra­ti­ca­mente Fca/Fiat), bal­zata in alto del 35.9%. Come dire, Ser­gio Mar­chionne ha deci­sa­mente il vento in poppa — è «gasa­tis­simo», direbbe il pre­mier Mat­teo Renzi. A mag­gior ragione se si pensa che le assun­zioni che la Fca dovrà fare in forza di que­sta cre­scita della pro­du­zione, coste­ranno deci­sa­mente meno rispetto al pas­sato, gra­zie agli incen­tivi pre­vi­sti da legge di sta­bi­lità e Jobs Act.
Tanto Qe ma poco credito
Dall’altro lato, va ricor­dato, la dif­fi­coltà del mondo ban­ca­rio ci rimanda al Quan­ti­ta­tive easing lan­ciato dalla Bce lunedì scorso, ma già annun­ciato da tempo. Evi­den­te­mente, sep­pure i mutui e le com­pra­ven­dite di case stiano segnando già una ripresa, que­sto non basta: o per­lo­meno in gen­naio ancora non bastava. Gli isti­tuti di cre­dito restano ancora con il brac­cino corto, soprat­tutto nei con­fronti delle imprese: que­ste ultime vedono i pre­stiti dimi­nuire del 2,8% rispetto a un anno fa, men­tre le fami­glie dello 0,5%.
Un impulso alla ripresa eco­no­mica potrebbe venire — almeno così pen­sano a Bru­xel­les — dal piano Junc­ker: inve­sti­menti annun­ciati per 300 miliardi di euro, ma non certo nel senso che i sin­goli stati euro­pei met­tono sul piatto l’intera somma; piut­to­sto si spera sulla cosid­detta “leva finan­zia­ria”, ovvero una catena di sant’antonio che dovrebbe par­tire una volta che il pub­blico ci abbia messo una pic­cola base di suo. Il pri­vato dovrebbe vuo­tare le tasche, anche aiu­tato — e qui Bru­xel­les si incro­ce­rebbe con Fran­co­forte — dalla mag­giore dispo­ni­bi­lità ban­ca­ria favo­rita dal Qe di Draghi.
Ieri il piano Junc­ker ha avuto il suo bat­te­simo, con l’Ecofin che ha appro­vato il rego­la­mento di isti­tu­zione del cosid­detto Efsi (Euro­pean fund for stra­te­gic invest­ments). La Ger­ma­nia inve­stirà più soldi di tutti (avendo anche il mag­gior Pil e la mag­gior quota di par­te­ci­pa­zione alle spese euro­pee), ovvero 10 miliardi. Ita­lia e Fran­cia met­te­ranno 8 miliardi cia­scuna, la Spa­gna 1,5 miliardi. L’Italia inve­stirà attra­verso la Cassadepo­siti e pre­stiti, così da non dover iscri­vere la somma a defi­cit e non pesare sul debito pubblico.
I 315 miliardi dei miracoli
Il fondo Junc­ker parte da 21 miliardi ini­ziali (16 dal bilan­cio Ue e 5 dalla Banca euro­pea degli inve­sti­menti) che faranno da garan­zia per mobi­li­tare fino a 315 miliardi di euro. Il fondo sarà gestito da uno stee­ring board che fis­serà le linee guida degli inve­sti­menti e il pro­filo di rischio, e da una “Com­mis­sione per gli inve­sti­menti indi­pen­dente” che sele­zio­nerà i pro­getti da finan­ziare. Entrambi i board saranno com­po­sti da fun­zio­nari della Bei e di Bruxelles.
Il pros­simo pas­sag­gio pre­vede che la pre­si­denza let­tone avvii il nego­ziato con il Par­la­mento Ue per arri­vare all’approvazione defi­ni­tiva, che la Ue spera possa arri­vare entro l’estate in modo da avere il fondo ope­ra­tivo a par­tire da settembre-ottobre. Ma la Beiha già detto di essere dispo­sta ad anti­ci­pare e in aprile dovrebbe pre­sen­tare la lista dei primi pro­getti che è dispo­sta a cofinanziare.
Renzi ha annun­ciato sui social la noti­zia degli 8 miliardi stan­ziati dall’Italia, spie­gando che nell’ultimo anno «l’Europa è cam­biata. Le parole d’ordine che prima erano sta­bi­lità e auste­rità sono diven­tate cre­scita, riforme e inve­sti­menti». Pronta la rispo­sta del “falco” Jyrki Katai­nen, vice­pre­si­dente della Com­mis­sione Ue e sovrin­ten­dente a tutti i capi­toli eco­no­mici: «Grande noti­zia! Gra­zie mille mat­teo­renzi», ha twittato.

Il tutto men­tre la Cgil quan­ti­fi­cava in 290 miliardi il peso dell’economia ita­liana som­mersa: con un’evasione totale di 93 miliardi, un man­cato get­tito di 55, dei quali 14 pos­sono essere recu­pe­rati. E magari reinvestiti.

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