Quantcast
Channel: PRECARI UNITED
Viewing all articles
Browse latest Browse all 2361

MARILENA, OPERAIA NESTLE', LICENZIATA PER UN POST SU FACEBOOK.

$
0
0
Quando Confindustria e i vari organismi padronali cianciano di libertà, è questa la libertà che intendono: quella di estendere il loro potere e il loro controllo al di fuori dei luoghi di lavoro in modo onnicomprensivo e totalizzante, in sintesi parlano della loro libertà di essere padroni di tutta la vita dei loro subordinati.
Va detto che i social, e una certa faciloneria nell'usarli, danno loro una mano: se anche non si fosse riferita alla sua azienda, Marilena ha peccato di ingenuità, perchè non è in ogni caso l'invettiva personale su facebook a spostare i rapporti di forza, come non lo è ogni iniziativa estemporanea ed individuale, anzichè ragionata e collettiva.
Speriamo che, una volta ogni tanto, anche la CISL  faccia qualcosa di buono, non fosse altro che per spirito corporativo, giacchè la Petruccioli è una loro delegata, e di solito i sindacati a queste cose ci fanno caso...
Solidarietà a Marilena: speriamo che non finisca così! Se fosse già in vigore il TTIP, probabilmente sarebbe finita così senza alcuna chance alternativa (giacchè è sempre facile accampare contro una legislazione la 'perdita di profitto' attraverso il danno di immagine), teniamolo a mente...



da http://ilmanifesto.info/storia-di-marilena-petruccioli-licenziata-dalla-nestle-per-un-post-su-facebook/

Un caso politico. Ha scritto un post dove criticava un caporeparto senza però specificare di quale azienda. La Cisl Umbria sul piede di guerra. Interrogazione parlamentare di Nicola Fratoianni (Sel): "E' questo il modello di relazioni sul lavoro che il governo ci vuole consegnare con il Jobs Act?"





Mari­lena Petruc­cioli, ope­raia dal 1996 alla Perugina-Nestlè, ha sem­pre espresso le sue idee in maniera chiara e netta. Da dele­gata della rsu Fai-Cisl e come lavo­ra­trice in un’azienda dov’è stata sta­bi­liz­zata nel 2002 rinun­ciando a qual­siasi tipo di ricorso. Que­sto dice il sin­da­cato. Que­ste idee le esprime anche su Face­book, l’agorà pub­blica dove pub­blica post, vignette e imma­gini diver­tenti, ma sem­pre con un signi­fi­cato politico.
Il 30 otto­bre scorso si è espressa dura­mente sulla sua time-line. Ha denun­ciato di avere letto un «prov­ve­di­mento disci­pli­nare in cui il capo di que­sta azienda — e badate, non il pro­prie­ta­rio, il padrone — ha usato un ter­mine a dir poco ver­go­gnoso: COLLARE. Qual­cuno dovrebbe far­gli un ripas­sino dei prin­cipi che l’azienda per la quale lavora sban­diera ovun­que. Il col­lare lo indos­sano i cani, non le per­sone. E certi per­so­naggi che rico­prono certi ruoli dovreb­bero stare attenti ai ter­mini che usano in certi atti uffi­ciali». E poi l’affondo: «Sem­bre­rebbe che ’sto per­so­nag­gio occupi il par­cheg­gio per inva­lidi quando si reca a rin­for­zare i muscoli. Pec­cato il cer­vello non ne trae bene­fi­cio. Disgu­stata». Quest’ultima affer­ma­zione è impor­tante. Per­ché Mari­lena è por­ta­trice di han­di­cap, con­se­guenza di un grave infor­tu­nio subìto men­tre lavo­rava in Peru­gina nel 1997. Da quel momento ha lavo­rato nel reparto Baci-Nocciole in una man­sione con­si­de­rata dal sin­da­cato troppo pesante per le sue con­di­zioni fisiche.
Il suo post è stato letto da molte per­sone. E poi è arri­vata la rea­zione: l’azienda l’ha licen­ziata in tronco. Alla base sem­bra esserci un equi­voco: «que­sta azienda» non si rife­ri­sce alla «sua» azienda. Per il segre­ta­rio gene­rale Fai-Cisl Umbria Dario Bru­schi Mari­lena inten­deva «una certa azienda», cioè un’altra. Fatto sta che il suo licen­zia­mento avviene men­tre si discute ani­ma­ta­mente di abo­li­zione dell’articolo 18 e di licen­zia­mento per «giu­sta causa». E in poche ore il suo caso è diven­tato esplo­sivo. Per la Fai-Cislsi «mette in discus­sione la sto­ria delle rela­zioni sin­da­cali con il gruppo Nestlè». La mobi­li­ta­zione è gene­rale: domani in via Campo Marte a Peru­gia ci sarà una con­fe­renza stampa e sono allo stu­dio ini­zia­tive di pro­te­sta. È scat­tata subito un’interrogazione par­la­men­tare. L’ha pre­sen­tata Nicola Fra­to­ianni, coor­di­na­tore nazio­nale Sel. «La giu­sta causa, secondo l’azienda — scrive Fra­to­ianni — sarebbe un post su Face­book in cui la lavo­ra­trice, senza nomi­nare l’azienda stessa, si è oppo­sta al com­por­ta­mento di un capo­re­parto che avrebbe rim­pro­ve­rato un lavo­ra­tore dicen­do­gli che per lui era neces­sa­rio il collare».
Fra­to­ianni alza il tiro e si domanda: «è que­sto il modello di cor­rette rela­zioni fra datori di lavoro e lavo­ra­tori che ci vuole con­se­gnare il governo con il Jobs Act?». Uno dei prov­ve­di­menti minori, ma sim­bo­li­ca­mente deva­stanti, è quello della (video)sorveglianza dei lavo­ra­tori. Da que­sto punto di vista, Face­book rap­pre­senta il panot­tico glo­bale dov’è pos­si­bile osser­vare l’evoluzione delle opi­nioni dei dipen­denti. Un caso simile è già acca­duto in pro­vin­cia di Torino dove un dipen­dente di una società di ser­vizi di con­tact cen­ter è stato licen­ziato dopo essersi sfo­gato con­tro i datori di lavoro sul pro­prio profilo.
Mari­lena Petruc­cioli ha rice­vuto una let­tera di con­te­sta­zione quin­dici giorni fa. La scorsa set­ti­mana ha pre­sen­tato le sue con­tro­de­du­zioni spie­gando che il suo post non era rife­rito alla Nestlè. Ieri nella cas­setta della posta ha tro­vato la let­tera di licenziamento.



Viewing all articles
Browse latest Browse all 2361

Trending Articles