Proponiamo oggi due brevi articoli che ci mostrano, parlando rispettivamente di edilizia e servizi pubblici, quel che di grave si muove dietro il pacchetto 'sblocca Italia'.
da http://www.dinamopress.it/news/avanzi-di-cantiere
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Renzi peggio di Berlusconi. Se quest’ultimo, non più tardi di due mesi dalla straordinaria vittoria referendaria sull’acqua del giugno 2011, aveva provato s rimettere in campo l’obbligatorietàdella privatizzazione dei servizi pubblici locali (bocciata l’anno successivo dalla Corte Costituzionale), Renzi con il “pacchetto 12” contenuto nello “Sblocca Italia” fa molto di più.
da http://www.dinamopress.it/news/avanzi-di-cantiere

Da oggi sappiamo come poter Sbloccare L’Italia. Potremo tutti iniziare a buttar giù pareti ed allargare stanze, chiudere finestre, stringere bagni e far saltare fuori nuovi spazi nelle case che abitiamo. O meglio potrà farlo chi la casa ce l’ha e quindi questo non riguarda 9 milioni di famiglie. Non è una novità. Solo che ora per farlo basterà inviare una mail al Comune e poi daje a buttar giù e tirar su muri. E’ la semplificazione renziana, bellezza! Per, finalmente, attuare quanto Berlusconi voleva da tempo: ”ognuno padrone a casa propria”.
Per quanto potremmo decidere e fare da soli, qualche euro, tuttavia, bisognerà trovarlo. Per ora abbiamo solo la disponibilità del tempo,visto che ogni giorno potremmo, se già non lo siamo, venir risucchiati tra i mille che, a partire dal mese scorso, quotidianamente perdono il lavoro. Non abbiamo denaro, ma non conta, basta rassicurare il premier che anche il nostro piccolo appartamento è un progetto “cantierabile” classificabile con l’aggettivo che Renzi e Lupi nel presentare il Salva Italia hanno citato più volte. Il problema per il nostro appartamento, così come per i grandi (sic) progetti, che secondo quanto uscito dal Consiglio dei Ministri si “smuoveranno” (altro aggettivo cult della Conferenza Stampa) è il medesimo: ci sono i soldi, per fare questi lavori?
Per come faremo noi a trasformarci in carpentieri coraggiosi Renzi se ne frega, ci dice solo che lo possiamo fare; per gli altri, le imprese che aspettano di riprendere interventi spesso devastanti, presenti anche in questo decreto, l’imperativo è che scavatrici, gru e betoniere riprendano il lavoro a “saldo zero” rispetto quello che c’è nelle case del paese. Così le cifre che avevano tenuto banco fino a qualche giorno fa sono state asciugate e trovate in quelle già finanziate : 6 miliardi per l’Alta velocità meridionale, più 3,8 miliardi per opere che, anche se i soldi non ci sono tutti, si potrebbero trovare sempre che, ancora, i progetti riescano a essere cantierabili entro 10 mesi. Siamo alle solite, Renzi ha scelto di lavorare, invece che su di un progetto, sugli avanzi dei cantieri impastandoli tra loro con il solito cemento fatto di deregulation, defiscalizzazioni ai privati, autostrade e alta velocità, il gasdotto Tap, che tanta opposizione sta raccogliendo nei territori interessati e bruciare definitivamente la possibilità di dare a Napoli un grande parco sull’area ex industriale di Bagnoli a vantaggio di progetti devastanti spacciati per rigenerazione urbana.
Un intervento senza scheletro, senza alcun disegno che, mentre mutila il taglio delle 7000 aziende municipalizzate inutili censite dal Commissario per la revisione della spesa Carlo Cottarelli, che avrebbero potuto non recuperare, ma creare almeno tre miliardi di euro, asseconda tutte le richieste contenute nelle 1617 email ricevute dai sindaci, con cui gli stessi chiedevano di mandare avanti progetti e progettini nei loro paesi, spesso bloccati, oltre che per prosciugamento di finanziamento, da quello che per Renzi è un cappio burocratico come l’intervento delle Soprintendenze. Una facile ricerca di consenso verso quegli amministratori è la prova generale di quello che accadrà con la revisione del Codice degli Appalti che, ha detto Renzi, dovrà rivedere quella norma che considera le terre provenienti dagli scavi come un rifiuto. Che chi costruisce se ne liberi come e dove vuole; territorio e città devono essere pronti ad essere sbloccati per non impedire il lavoro di chi ha deciso d’impossessarsene.

Questa volta non si parla “solo” di privatizzazione, bensì di obbligo alla quotazione in Borsa: entro un anno dall’entrata in vigore della legge, gli enti locali che gestiscono il trasporto pubblico locale o il servizio rifiuti dovranno collocare in Borsa o direttamente il 60%, oppure una quota ridotta, a patto che privatizzino la parte eccedente fino alla cessione del 49,9%.
Se non accetteranno il diktat, entro un anno dovranno mettere a gara la gestione dei servizi; se soccomberanno otterranno un prolungamento della concessione di ben 22 anni e 6 mesi!
Come già Berlusconi, anche Renzi si mette la foglia di fico di non nominare l’acqua fra i servizi da consegnare ai capitali finanziari; ma, a parte il fatto che il referendum non riguardava solo l’acqua, bensì tutti i servizi pubblici locali, è evidente l’effetto domino del provvedimento, sia sulle società multiutility che già oggi gestiscono più servizi (acqua compresa), sia su tutti gli enti locali che verrebbero inevitabilmente spinti a privatizzare tutto, anche per poter usufruire delle somme derivanti dalla cessione di quote, che il Governo pensa bene di sottrarre alle tenaglie del patto di stabilità.
Nel pieno della crisi sistemica, ecco dunque il cambio di verso dello scattante premier: non più l’obsoleta privatizzazione dei servizi pubblici locali, bensì la loro diretta consegna agli interessi dei grandi capitali finanziari, che da tempo attendono di poter avviare un nuovo ciclo di accumulazione, attraverso “mercati” redditizi e sicuri (si può vivere senza beni essenziali?) e gestiti in condizione di monopolio assoluto (per un solo territorio vi è un solo acquedotto, un solo servizio rifiuti).
Da queste norme, traspare in tutta evidenza l’idea non tanto dell’eliminazione del “pubblico” –quello è bene che rimanga, altrimenti chi potrebbe organizzare il controllo sociale autoritario delle comunità?- bensì della sua trasformazione da erogatore di servizi e garante di diritti, con un’eminente funzione pubblica e sociale, in veicolo per l’espansione della sfera d’influenza degli interessi finanziari sulla società.
Naturalmente, è ancora una volta la Cassa Depositi e Prestiti ad essere utilizzata per questo enorme disegno di espropriazione dei beni comuni: come già per la dismissione del patrimonio pubblico degli enti locali, è già allo studio un apposito fondo per finanziare anche la privatizzazione dei servizi pubblici locali.
Emerge, oggi più che mai, la necessità di una nuova, ampia e inclusiva mobilitazione sociale, che deve assumere la riappropriazione della funzione pubblica e sociale dell’ente locale come obiettivo di tutti i movimenti in lotta per l’acqua e i beni comuni, e di una nuova finanza pubblica e sociale, a partire dalla socializzazione di Cassa Depositi e Prestiti.
E, poichéil disegno di espropriazione dei servizi pubblici locali viene portato avanti con il pieno consenso dell'Anci, espresso a più riprese dal suo Presidente Piero Fassino, una domanda sorge spontanea: non è il momento per i molti Sindaci che ancora non hanno abdicato al proprio ruolo di primi garanti della democrazia di prossimità per le comunità locali, di iniziare a ragionare su un'aggregazione alternativa degli enti locali, fuori e contro un Anci al servizio dei poteri forti?
Marco Bersani (Attac Italia)