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INDIPENDENTISMI, SCIOVINISMI E CLASSE SOCIALE

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Un tempo, lo spartiacque con cui, davanti ad un fenomeno di nazionalismo -dove con questo termine intendo l'accezione generale di tendenza all'autonomia, come ad esempio il nazionalismo dei Paesi che si liberarono dal colonialismo, e non soltanto la forma di sciovinismo aggressivo dei nazionalismi europei novecenteschi- se ne interpretava la natura di classe (e dunque la sua vicinanza o lontananza dal progetto di liberazione degli sfruttati), era vedere se l'economia politica di questo nazionalismo tendeva o meno ad essere in antagonismo con il Capitale imperialista: nel primo caso avevamo un nazionalismo progressista, se non rivoluzionario o di classe (i Paesi anticolonialisti, i movimenti rivoluzionari latinoamericani, Euskadi e Irlanda del Nord gli esempi maggiori); abbiamo invece tendenze nazionaliste conservatrici ove le istanze di autonomia da un potere centrale si pongono in contiguità con esso, reazionarie ove recuperano forme di economia precedenti al capitalismo stesso o producono a loro volta un disegno di tipo imperialista (il nazismo, che nel suo progetto di aggressione all'Europa avrebbe distrutto il mondo commerciale tipico della fase di allora, e che praticava un'evidente imperialismo andando a distruggere Paesi ed economie pre esistenti).
Credo che questo modo di analizzare la stuazione sia valido anche di fronte ai fenomeni indipendentisti odierni.
La fase attuale, in cui esiste un Capitale finanziario (ovvero in cui si fondono capitale industriale e bancario aggressivo verso il mondo intero) ferocemente imperialista, che è quello statunitense e quello UE nel suo attacco ad est al lavoro salariato tramite le delocalizzazioni, (mentre quello BRICS pratica forti ingerenze, ma non imperialismo in senso stretto poichè interviene in economie già distrutte o già impoverite dal FMI e dunque costituisce un polo differente dell'organizzazione capitalista), sta facendo emergere in Europa fenomeni di indipendentismi e nazionalismi un po' dappertutto.
Vorrei prendere posizione su due di questi fenomeni, quelli più macroscopici.
L'indipendentismo ucraino è un nazionalismo conservatore, in quanto allineato al Capitale imperialista UE, con tratti fortemente reazionari ove si inscrive in un recupero e valorizzazione di ideologie naziste.
L'indipendentismo veneto è un'ideologia, per come si sta storicamente sviluppando fino al caso odierno, tendenzialmente reazionaria, in quanto non pensa ad alcun modello di estensione della sfera comune e pubblica dell'economia, ma è una reazione nostalgica dei ceti medi locali impoveriti.
Certamente i meccanismi vessatori della tassazione UE (e FMI) hanno ridotto sul lastrico anche molte figure che non fanno parte del lavoro salariato ma di quello autonomo, ma una tendenza al particolarismo della borghesia, che non si saldi con la difesa del salario (ovvero contro l'estrazione sempre più massiccia di plusvalore, che è invece la stessa cosa che fa e vuol fare la borghesia veneta), e che anzi non sia un corollario della lotta contro lo sfruttamento dei salariati (in quanto la classe più sfruttata non avendo altre classi da sfruttare a sua volta), non può mai essere, da parte di forze rivoluzionarie, considerato una tendenza all'autonomia e all'indipendenza, ma allo sciovinismo e alla conservazione.
Dunque è la natura di classe a definire se un percorso è di autonomismo e indipendenza oppure di conservazione, se non di reazione, sciovinista.
Che poi gli USA e l'UE, nel vedere assecondare i propri disegni di sfruttamento, benedicano lo sciovinismo ucraino e non assecondino quello veneto, è dato che non dovrebbe stupirci una volta analizzata la questione sotto un'ottica di classe.

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