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IL LUPO E' TORNATO

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Spesso per parlare (anche) di politica non è necessario partire da un argomento politico, e, ove si parla di ambiente, (che sempre e comunque viene ridefinito dalle attività umane di produzione, consumo e insediamento), lo è ancora meno.
E' quello che ho pensato leggendo questo articolo, a mio avviso bellissimo ed istruttivo.

Lupo









da   http://www.senzasoste.it/dintorni/il-lupo-e-tornato


Ci ruba il lavoro, non ci fa uscire di casa la sera, mette a rischio donne e bambini. 
No, non è l'immigrato anche se il ruolo che la stampa gli ha attribuito è analogo, ma il lupo, fagocitato ormai dalla concezione giornalistica del pericolo come garanzia di  maggior vendita di copie. Si soffia sul fuoco sull'onda del conflitto che si è aperto in Maremma, con l'uccisione squisitamente politica e mafiosa del lupo da parte di bracconieri e l'esposizione del cadavere in piazza. Un segnale forte dato alle amministrazioni, colpevoli di non saper  gestire il conflitto fra lupo e allevatori.
Qualche politico, in cerca di voti, inizia a proporre di chiedere all'Europa una deroga sulla protezione del lupo, per fare qualche abbattimento. In questo modo si beffano per la seconda volta gli allevatori, dopo aver fatto loro credere che il principale problema della pastorizia fosse il lupo (sebbene sia comunque un problema, in particolar modo se sommato agli altri), in maniera da far loro dimenticare i principali problemi della crisi: il costo del latte di pecora azzerato dalla concorrenza straniera, la richiesta di mercato scarsa, l'impossibilità di entrare nella grande distribuzione. Si promette un contenimento del numero dei lupi, che anche se fosse perseguibile a livello legale, non cambierebbe la situazione. In Italia manca un censimento reale della specie, sia per la difficoltà del monitoraggio su larga scala sia per la mancanza di un coordinamento nazionale, e senza avere uno studio reale risulta abbastanza opinabile effettuare un prelievo. Uccidere lupi non risolverebbe il problema anche secondo i pochi studi che sono stati fatti in nazioni dove la caccia al lupo è legale: è risultato che colpire un branco, destrutturando la gerarchia, può portare a un aumento delle predazioni su animali domestici, oltre a favorire la dispersione degli animali e renderli quindi più incontrollabili.
Finché nel bosco ci sarà questo numero di ungulati, i lupi, che hanno un'estensione di territorio in rapporto alla biomassa, (in parole povere il “cibo”, l'insieme degli organismi che si trova sotto il lupo nella catena alimentare) andranno a rioccupare i territori dove ritroveranno le prede, e a maggior densità di prede sarà maggiore la densità di lupi, indipendentemente dalla volontà di abbatterne qualcuno.
 Il pastore non abituato da quasi un secolo al predatore, spesso si è scordato del fatto che comporta un rischio alla sua impresa e che deve prendere provvedimenti. Dotarsi di reti alte due metri e antisalto, elettrificate, cani da guardanìa addestrati e non improvvisati, e altri accorgimenti che hanno un costo, ma che possono essere finanziati e che se applicati a regola d'arte e seguiti da esperti riescono quasi ad annullare il numero di predazioni. Poi ci sono i rimborsi per le pecore sparite. Purtroppo per ottenere tutte queste belle cose si incorre spesso in lungaggini burocratiche che portano troppo spesso il pastore a non adempierle e nella peggiore delle ipotesi a farsi giustizia da solo.
Ultimamente si leggono sui giornali sempre più favole che parlano di lupi che inseguono scuolabus, lupi reintrodotti, nei bar di campagna il lupo è stato lanciato dagli elicotteri dagli ambientalisti.
Non starò a spiegare il perché siano deliranti tali credenze (fate una ricerca su google su quanto costa il carburante di un elicottero), penso sia più utile far chiarezza su chi sia il vero lupo e sul perché nel 2014 torni prepotentemente al centro del dibattito.
Il lupo ha sempre abitato nei nostri territori, basti pensare ai numerosi toponimi lupeschi che danno il nome alle nostre campagne, ad esempio qui vicino località Pian dei Lupi, comune di Castel Nuovo della Misericordia, dove fra l'altro l'anno scorso è avvenuta una predazione su pecore. Timido predatore dei nostri boschi è stato decimato nell'ultimo secolo dall'uomo, finché negli anni '70 se ne stimavano poco più di un centinaio di esemplari, sopravvivevano nell'Appennino centro-meridionale ed era presente un piccolo nucleo fra Maremma e Monte Amiata, si cibavano essenzialmente di prede domestiche, dei pochi animali selvatici che potevano incontrare nel bosco in quegli anni e di rifiuti.
Gli anni '70 rappresentano però anche la rinascita del lupo. Da una parte viene vietata la caccia al predatore, dall'altra l'uomo opera azioni di reintroduzione di ungulati, caprioli, daini, cervi e cinghiali, che tornano ad essere la principale fonte di cibo del lupo. In particolar modo i cinghiali, dopo essere stati introdotti un po' ovunque a scopo venatorio, anche in zone non vocate, hanno popolato (loro sì, troppo), le nostre campagne. Cinghiali che di naturale hanno poco, di sottospecie non autoctona (noi avevamo il cinghiale maremmano più piccolo e meno prolifico) , spesso incrociato col maiale per aumentarne la prolificità e la qualità della carne. Il lupo segue le prede, è chiaro che con una gestione tale della fauna non ci possiamo lamentare se il lupo si avvicina.
Un altro fattore importante è lo spopolamento delle campagne, i campi incolti, una volta coltivati, sono diventati pascoli per daini, caprioli e cinghiali. La macchia è tornata ad occupare zone prima abitate e utilizzate dall'uomo. Se da un certo punto di vista abbiamo così perso, purtroppo, gran parte della cultura contadina, dall'altra è stata possibile una lenta ripresa dell'ambiente naturale, della fauna e della vegetazione, la creazione di corridoi ecologici attraverso i quali gli animali selvatici possono spostarsi in tranquillità da una zona all'altra.
Il lupo nel frattempo, grazie alla dispersione, (cioè il momento in cui un lupo, non più cucciolo, può scegliere di lasciare il branco dei genitori e andare a cercare il suo compagno o la sua compagna per  formare un altro branco), ha ricolonizzato dapprima tutto l'arco appenninico, poi le Alpi e le zone collinari. Dai dati raccolti da esemplari in dispersione, catturati e radiocollarati, i lupi possono percorrere tranquillamente più di 1000 km prima di decidere di tirare su famiglia.
Al confronto tirarli da un elicottero mi pare inutilmente spettacolare e un po' troppo impegnativo.
Ma chi è allora il lupo che abita nei nostri boschi?
Il lupo è un mammifero, un carnivoro, appartenente alla stessa specie dell'animale che probabilmente meglio conosciamo, il cane, che è stato selezionato da lupi addomesticati più di 30 mila anni fa. Al contrario del cane, il lupo evita l'uomo e difficilmente può essere avvistato, memore della persecuzione storica che dall'uomo ha subito. Il lupo è infatti un animale culturale, i piccoli imparano a sopravvivere dai genitori che trasmettono loro tutte le nozioni apprese precedentemente, dalle tecniche di caccia alla necessità per la sopravvivenza di aver paura dell'uomo. Non c'è da aver paura per i bambini (se non si mettono il cappuccio rosso, ovvio!). Se abbiamo la fortuna di incontrarlo durante una passeggiata, perché magari aveva il vento contrario e non ci ha annusato, non infastidiamolo, osserviamolo in silenzio, scattiamogli una foto se possiamo, consci che stiamo assistendo a un evento raro, che spesso non accade nemmeno a chi lo studia da anni.
Ormai sono un po' di anni che per passione seguo e documento le tracce lasciate dai lupi, in Alta Maremma e negli ultimi tempi sulle Colline Livornesi, sia di notte sia di giorno, spesso da solo, se pensassi minimamente di essere in pericolo sicuramente farei diversamente. Sono solo due le cose di cui aver paura nel bosco, cani incustoditi di padroni irresponsabili che li lasciano in giro a far danni e naturalmente l'uomo, in assoluto l'animale più pericoloso.
inviato a Senza Soste da Dario Canaccini
15 gennaio 2014



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