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PER CHI CALANO LE TASSE...

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Questo è un articolo tratto da Il Sole 24 Ore, non certo un giornale bolscevico: divergiamo infatti da alcune sue considerazioni, ad esempio quella per cui sostenere le imprese sia tout court un sostegno al lavoro salariato, teoria 'smithiana' molto discutibile se non si capisce che le aziende da sostenere devono dimostrare parametri virtuosi, e sempre parlando come soluzione tampone immediata, visto che l'accumulazione di valore dal lavoro è processo che spesso investe simultaneamente diverse parti del globo da parte della stessa ditta.
Tuttavia, seppur da un punto di vista assolutamente interno al capitalismo e alle sue dinamiche, ci dice alcuni dati reali di cui tenere conto, ed è molto onesto quando parla di recupero attraverso l'IVA, una tassa che, soprattutto in Italia per i suoi meccanismi, colpisce i consumi e dunque, per ovvii motivi, soprattutto le fasce medie basse e basse della popolazione.



da  https://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2018-03-14/le-tasse-calano-le-multinazionali-9percento-ma-non-i-cittadini-6percento-152157.shtml?uuid=AEWeMtGE&fbclid=IwAR3p-uoye1mBGSHGiXUi5AE8JHrwPkx6-YrG9cpTUZ61b4UHeAHWcbMRrhE



Sul fatto che la grande crisi finanziaria del 2008 abbia rappresentato uno spartiacque storico pochi hanno dubbi. Anche sotto il profilo della pressione fiscale, con i Governi alle prese con il contenimento del deficit e la riduzione dei debiti pubblici. Il risultato è che nei Paesi Ocse il livello di tassazione sulle persone fisiche dal 2008 a oggi è aumentato in media del 6%, secondo i dati di Kpmg, mentre la pressione fiscale sulle imprese è scesa del 5%. Fin qui restiamo nel regno della logica: non tartassare le imprese in teoria significa sostenere il lavoro, e quindi i redditi delle persone fisiche.

Quello che però fa impressione è come le grandi multinazionaliriescano a “tagliarsi” le tasse a una velocità quasi doppia rispetto alla media delle imprese: secondo uno studio del Financial Times, dal 2008 a oggi le big corporation sono riuscite a diminuire del 9% la tassazione sui profitti rispetto al periodo precrisi, grazie anche alle note tecniche di elusione legalizzata effettuate parcheggiando montagne di denaro in sofisticate scatole societarie all’estero.


Ma le grandi multinazionali, elusione a parte, hanno anche raccolto i frutti della corsa mondiale ad abbassare la corporate tax, con diversi Paesi in competizione per attrarre le grandi società. L’aliquota media per le imprese nei Paesi Ocse, che superava quota 32% nel 2000, è progressivamente calata al 26% nel 2008 e al 25% nel 2015, come attesta lo studio “Tax Policy Reforms in Oecd”. I Paesi che hanno tagliato di più nel periodo 2000-2015 risultano essere Germania, Canada, Grecia e Turchia, con le soltanto Ungheria e Cile che hanno ritoccato verso l’alto le aliquote.
Anche l’Italia, dal 1° gennaio 2017, ha ridotto dal 27,5% al 24% l’Ires, l’imposta sul reddito delle imprese, mentre da quest’anno la riforma fiscale voluta da Donald Trump ha quasi dimezzato la corporate tax statunitense, passata dal 35% al 21% con un risparmio stimato per le società di circa 500 miliardi di dollari.
Il risultato della gara globale ad attrarre le grandi compagnie è che dal 2000 a oggi, stando allo studio del Financial Times, le maggiori multinazionali mondiali sono riuscite a “tagliarsi” le tasse di un terzo del totale. Il gettito fiscale perduto è stato compensato dall’aumento di altre imposte, spiega invece l’analisi dell’Ocse, in particolare l’Iva, che nei Paesi Ocse è passata da un’aliquota media del 17,6% nel 2008 al 19,2% nel 2015.
Un esempio da manuale resta quello dell’Irlanda. La famosa corporate tax al 12,5% che fin dall’inizio degli anni Duemila ha fatto la fortuna della Tigre Celtica si ritrovava, negli anni Ottanta, all’astronomico livello del 50%. Con un Pil che continua a macinare record proprio grazie alle multinazionali che hanno spostato la loro sede nell’isola di Smeraldo “fondendosi” con controparti irlandesi, Dublino è un ottimo esempio di come un’aggressiva detassazione possa far correre il prodotto interno lordo. E di come le multinazionali abbiano gioco facile, in questo risiko fiscale planetario, a lasciare che siano i cittadini (o le piccole imprese) a contribuire alle finanze pubbliche dei singoli Stati.

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