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LA NUOVA FRONTIERA DELL'OBSOLESCENZA PROGRAMATA

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NON CONOSCO QUESTO STUDIO, MA L'OBSOLESCENZA PROGRAMMATA E' ORMAI DATO ASSODATO, E VEDENDO COME SI USURANO GLI ELETTRODOMESTICI E I PRODOTTI TECNOLOGICI, CREDO CHE IL LAVORO CHE DESCRIVA QUESTA NUOVA FRONTIERA DELL'OBSOLESCENZA PROGRAMMATA SIA PIUTTOSTO REALISTICO.




da  http://www.lettera43.it/stili-vita/elettrodomestici-programmati-per-rompersi_4367588439.htm



CONSUMI

Elettrodomestici programmati per rompersi

Prodotti che durano meno e sono difficili da riparare. Così i consumatori spendono di più e le vendite aumentano.

di Gioia Reffo
Quando inizia a perdere la lavatrice? Immancabilmente passata la data di scadenza della garanzia. E il cellulare? Guarda caso non si ricarica più al 100% dopo i due anni previsti dalla copertura.
Stesso copione per lo spazzolino elettrico e le lampadine, per non parlare dei televisori e gli altri elettrodomestici che abbiamo in casa. Sembrano avere una data di scadenza interna che scatta proprio quando farli riparare è impossibile o troppo costoso. Meglio comprare un nuovo modello. In garanzia.
RISPARMIO DI 101 MLD. Ora uno studio tedesco ha messo nero su bianco quel sospetto che sfiora chiunque debba scegliere tra un nuovo acquisto o la riparazione. Si chiama 'obsolescenza programmata' e serve a produrre e vendere di più. A spese dei consumatori.
Pazienza se si potrebbero risparmiare 101 miliardi di euro, solo in Germania, se gli oggetti non fossero progettati per smettere di funzionare dopo un certo periodo di tempo, preferibilmnete dopo la data di scadenza, o non fossero costruiti per scoraggiare le riparazioni.
Negli Stati Uniti i nuovi strumenti di comunicazione, dall'iPod ai computer portatili, si sono attirati le proteste dei consumatori e anche una class action. Perché le loro batterie non sono sostituibili, al contrario di quanto avviene normalmente, e quando si scaricano bisogna mettere mano al portafogli.
SCELTA STRATEGICA. Fino agli Anni 70 infatti l'aspettativa sulla durata di un elettrodomestico era di 20-30 anni. Oggi la vita media di un oggetto è di 10 volte inferiore.
«Ci troviamo di fronte alla situazione in cui sempre più prodotti durano sempre meno», hanno scritto nella loro ricerca Stefan Schridde e Christian Kreis. Anche se «una vera e propria intenzionalità dei produttori è difficilmente dimostrabile».

Le calze di nylon erano troppo resistenti e le vendite non decollavano

Eppure l'usura prematura è un fenomeno noto da tempo. Nel 1924 i più grandi produttori di lampadine fecero cartello per ridurre la durata di vita delle lampadine da 2.500 a 1.000 ore. Negli Anni 40 invece la DuPont inventò le calze di nylon, che avevano un unico difetto: erano troppo robuste, per cui le vendite non decollavano. A quel punto l'azienda avrebbe ordinato ai tecnici di 'peggiorarle' rendendole più sottili e fragili.
FRULLATORI USA E GETTA. E oggi? Innanzitutto c'è la scelta di materiali o componenti che si usurano anzitempo. È il caso delle resistenze delle lavatrici, delle chiusure lampo a spirale oppure delle ruote dentate di plastica poco resistenti all'abrasione montate sui frullatori. Non possono essere sostituite e al terzo anno non funzionano più.
Poi c'è la limitazione della durata di vita del prodotto attraverso il tipo di costruzione. Alcuni componenti dei pc MacBookPro, come la batteria, sono incollati e questo rende molto costosa la sostituzione o la riparazione. Alcuni spazzolini elettrici invece montano una batteria non sostituibile che, col tempo, perde la sua capacità di carica.
VITI SPECIALI DIFFICILI DA SOSTITUIRE. Infine ci sono le limitazioni tecniche. È il caso delle viti speciali usate per l'iPhone 4 o dei contatori montati sulle stampanti a getto d'inchiostro o laser che, dopo un certo numero di pagine, segnalano la necessità di manutenzione. Se li si porta a zero la stampante continua a funzionare come se nulla fosse.
Allora perché costruire un prodotto che si rompe prima del tempo, usando più risorse e creando montagne di rifiuti? «L'obiettivo è la massimizzazzione della rendita di capitale», ha spiegato Stefan Schridde, sottolinenando nello studio che «visto che aumenta le vendute, la strategia del deterioramento della qualità dei prodotti viene alla fine premiata dall'aumento degli utili».
Con buona pace dell'economia sostenibile, basata sul riciclo, che aiuterebbe l'ambiente.
Giovedì, 21 Marzo 2013


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