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LA FABBRICA AUTOGESTITA CHE ACCOGLIE PROFUGHI

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da  http://comune-info.net/2013/03/rim/


La fabbrica autogestita che accoglie profughi

Accade quando uno spazio occupato per eventi culturali comincia a promuovere iniziative con mamme, papà e bambini (alCinema Palazzo ad esempio), quando una bottega del commercio equo si occupa di precari (leggi qui) oppure quando un bar di unpaesino francese si mette a organizzare la consegna di prodotti biologici e corsi di cucito, ma anche quando un grande movimento spontaneo di protesta di studenti, disoccupati e precari, accoglie la rabbia degli anziani (è accaduto con i nonni indignados). Improvvisamente, si guardano gli altri, i confini tra alcuni temi e gli spazi in cui si riconpongono i legami sociali in tutta la loro complessità, non limitandosi alle etichette, alle descrizioni dei giornali, alle presunte identità eterne. In quei momenti appare più chiaro il significato dell’espressione società in movimento: è la società impossibile da fissare una volta per tutte, è la società che rifiuta di utilizzare i linguaggi e le regole del potere e la cui azione per il cambiamento, in gran parte diffuso sotto traccia, non è possibile prevedere e più di tanto pianificare nei dettagli.
È società in movimento, ad esempio, quella del gruppo di uomini e donne che hanno dato vita all’autogestione della Ri-Maflow di Trezzano sul Naviglio (Milano), di cui ci siamo molto occupati. Abbiamo raccontato la loro storia di recupero e conversione ecologica da parte dei lavoratori (se non la conoscete avete a disposizione un articolo, una trasmissione radio e un video). In questo caso, tornano a essere una non-notizia perché il mutuo soccorso sperimentato, da poco anche con la costituzione di una cooperativa, ha già superato gli argini dei lavoratori: dopo l’occupazione della fabbrica e l’avvio del progetto di autogestione, Occupy Maflow, il gruppo di cittadini solidali con l’occupazione, e la nuova cooperativa hanno deciso di ospitare due rifugiati dalla Libia. Sono due dei ventimila rifugiati ai quali dal 28 febbraio il governo ha tolto ogni assistenza buttandoli in mezzo alla strada (leggi ad esempio quello che è accaduto a Pisa, «Nascosti sotto la torre»).
Scambiare aiuto e amicizia
«Da sabato scorso sono ospiti nostri», dice Michele, uno dei promotori della cooperativa. I due giovani sono stati affidati dall’associazione Villa Amantea/Caritas che finora li ha seguiti insieme a molti altri. Parlano solo inglese, sono nordafricani. Uno dei due ragazzi ha problemi a un braccio a seguito di un incidente, e sono contenti dell’accoglienza ricevuta. «La nostra ospitalità sta semplicemente nell’offrire alcuni ex uffici di Maflow nei quali vivere, mangiare e dormire», aggiunge Michele. Insomma, dagli occupanti arriva un’alternativa alla strada, dove i due giovani erano finiti il 1 marzo, per la scadenza decisa dal governo Monti. «Vivranno con noi, visto che anche noi stiamo lì ventiquattro ore su ventiquattro, con tutto quello che comporta dal punto di vista dei doni reciproci: la compagnia, l’aiuto, l’amicizia».
Nonostante l’impresa enorme da avviare, autogestire una fabbrica, alla Maflow ci sono energie e tempi per «altro». «I penultimi danno una mano agli ultimi – scrivono quelli di Ri-Mflow su un post di facebook -, dato che i ‘primi’ si comportano in modo egoista: è un altro messaggio politico forte che vogliamo lanciare». Rifiutare la società dell’egoismo significa vivere già in modo diverso. Anche per questo, ad esempio, scrivono: «Se non vedete più la nostra tenda fuori dalla fabbrica, non preoccupatevi: l’abbiamo prestata ai lavoratori della Safosa di Gaggiano che stanno iniziando la loro lotta contro la chisura della fabbrica. A loro il nostro sostegno e la nostra solidarietà. Forza ragazzi!».
Prima di essere lavoratori siamo persone
Quelli di Ri-Maflow è come se dicessero: prima di essere lavoratori siamo persone e in quanto tali esistiamo non solamente dentro il nostro ruolo. Un invito, dunque, a buttare via le maschere disegnate dal capitalismo per dividere le persone in categorie rigide ma anche comode. Sono le categorie con cui si dominano meglio i desideri di autodeterminazione e solidarietà: lavoratori e precari, migranti e non, attivisti e persone comuni, cittadini e delegati, uomini e donne…. Del resto, ha spiegato tra gli altri il filosofo e teologo tedesco marxista Ernest Bloch ne Il principio speranza, siamo tutti e tutte sempre persone in divenire, siamo «Non Ancora».
Quando infine gli chiediamo i prossimi obiettivi della cooperativa, Michele risponde: «Semplice: arrivare meglio a fine mese, cambiare il mondo ed essere felici, “riciclando” cose, persone che altri considerano rifiuti, idee e valori di cui si pensava di poter fare a meno…». La ribellione, dimostrano a Trezzano, è un flusso di condivisione, antirazzismo, fraternità. Un flusso con il quale riappropriarsi delle proprie vite. E con il quale cambiare il mondo ed essere felici.

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