Dopo l'attentato di Parigi c'è sulla stampa molta retorica e poca percezione delle reali cause.
Nella guerra intercapitalista che si sta sviluppando, c'è un capitalismo pericolosissimo per la pace, lo sviluppo e la vita stessa delle popolazioni, un capitalismo che si basa su un modello di sviluppo improponibile e su uno squilibrio assoluto della distribuzione della ricchezza, e che per questo ha bisogno, nella sua corsa folle alle risorse e alle materie prime, di espandersi in due direzioni: il TTIP e il TPP, e, per chi recalcitra, la guerra o la destabilizzazione. Non a caso alcuni studiosi hanno definito questo modello come 'superimperialismo' e su cui ha molto approfondito Petras, anche senza usare questo termine preciso.Parliamo, è evidente, degli USA, lo Stato-sistema che ha condotto il maggior numero di guerre di aggressione dal '45 in poi e che con Obama ha imparato a non assumersi direttamente i rischi delle operazioni, ma a cooptare, subordinandolo, l'imperialismo straccione dei Paesi UE, con tutti i rischi che ne seguono.
Questo articolo di qualche giorno fa ha il pregio di dire le cose come stanno in maniera sintetica, senza enfasi ma senza nemmeno fingere che il nemico non lo abbiamo in casa, con le sue basi militari, la sua governance, la sua folle corsa verso il baratro.
da http://ilmanifesto.info/la-strategia-del-caos/
L'arte della guerra. La rubrica settimanale di Manlio Dinucci

Bandiere a mezz’asta nei paesi Nato per «l’11 Settembre della Francia», mentre il presidente Obama annunciata ai media: «Vi forniremo accurate informazioni su chi è responsabile». Non c’è bisogno di aspettare, è già chiaro. L’ennesima strage di innocenti è stata provocata dalla serie di bombe a frammentazione geopolitica, fatte esplodere secondo una precisa strategia. Quella attuata da quando gli Usa, vinto il confronto con l’Urss, si sono autonominati «il solo Stato con una forza, una portata e un’influenza in ogni dimensione — politica, economica e militare — realmente globali», proponendosi di «impedire che qualsiasi potenza ostile domini una regione – l’Europa occidentale, l’Asia orientale, il territorio dell’ex Unione sovietica e l’Asia sud-occidentale – le cui risorse sarebbero sufficienti a generare una potenza globale».
A tal fine gli Usa hanno riorientato dal 1991 la propria strategia e, accordandosi con le potenze europee, quella della Nato. Da allora sono stati frammentati o demoliti con la guerra (aperta e coperta), uno dopo l’altro, gli stati ritenuti di ostacolo al piano di dominio globale – Iraq, Jugoslavia, Afghanistan, Libia, Siria, Ucraina e altri – mentre altri ancora (tra cui l’Iran) sono nel mirino.
Queste guerre, che hanno mietuto milioni di vittime, hanno disgregato intere società, creando una enorme massa di disperati, la cui frustrazione e ribellione sfociano da un lato in reale resistenza, ma dall’altro vengono sfruttate dalla Cia e altri servizi segreti (compresi quelli francesi) per irretire combattenti in una «jihad» di fatto funzionale alla strategia Usa/Nato.
Si è così formata una armata ombra, costituita da gruppi islamici (spesso concorrenti) impiegati per minare dall’interno lo Stato libico mentre la Nato lo attaccava, quindi per una analoga operazione in Siria e Iraq.
Da questa è nato l’Isis, nel quale sono confluiti «foreign fighter» tra cui agenti di servizi segreti, che ha ricevuto miliardi di dollari e moderne armi dall’Arabia saudita e da altre monarchie arabe, alleate degli Usa e in particolare della Francia.
Strategia non nuova: oltre 35 anni fa, per far cadere l’Urss nella «trappola afghana», furono reclutati tramite la Cia decine di migliaia di mujaheddin da oltre 40 paesi. Tra questi il ricco saudita Osama bin Laden, giunto in Afghanistan con 4 mila uomini, lo stesso che dopo avrebbe fondato Al Qaeda divenendo «nemico numero uno» degli Usa.
Washington non è l’apprendista stregone incapace di controllare le forze messe in moto. È il centro motore di una strategia che, demolendo interi Stati, provoca una caotica reazione a catena di divisioni e conflitti da utilizzare secondo l’antico metodo del «divide et impera».
L’attacco terroristico di Parigi, eseguito da una manovalanza convinta di colpire l’odiato Occidente, è avvenuto con perfetto tempismo nel momento in cui la Russia, intervenendo militarmente, ha bloccato il piano Usa/Nato di demolire lo Stato siriano e ha annunciato contromisure militari alla crescente espansione della Nato ad Est. L’attacco terroristico, creando in Europa un clima da stato di assedio, «giustifica» un accelerato potenziamento militare dei paesi europei della Nato, compreso l’aumento della loro spesa militare richiesto dagli Usa, e apre la strada ad altre guerre sotto comando Usa.
La Francia che finora aveva condotto «contro l’Isis in Siria solo attacchi sporadici», scrive il New York Times, ha effettuato domenica notte «come rappresaglia, il più aggressivo attacco aereo contro la città siriana di Raqqa, colpendo obiettivi Isis indicati dagli Stati uniti». Tra questi, specificano funzionari Usa, «alcune cliniche e un museo».