In occasione dello sciopero generale in Grecia, il primo dell'era Syriza, riportiamo due articoli con valutazioni differenti, così da permettere a chi è interessato maggiori elementi di riflessione.
A me il secondo articolo, quello de Il Manifesto, pare edulcorare troppo le tensioni sociali e politiche e risulta molto ideologico; il primo, quello di Popoff, ben più realista nella descrizione delle stesse, pare a sua volta dimenticarsi le fortissime pressioni che ha addosso la Grecia e chi la governa: ho sempre detto che a mio avviso esse derivano da errori di Syriza nella trattativa (conseguenza, forse, di un'errata valutazione teorica sulla democraticità e riformabilità dialogica dell'UE), ma che, in ogni caso, non possono essere ignorate in sede di valutazione.
Ognuno, leggendo, si farà la sua idea.
da http://popoffquotidiano.it/2015/11/12/grecia-ferma-primo-sciopero-generale-dellera-tsipras/
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A me il secondo articolo, quello de Il Manifesto, pare edulcorare troppo le tensioni sociali e politiche e risulta molto ideologico; il primo, quello di Popoff, ben più realista nella descrizione delle stesse, pare a sua volta dimenticarsi le fortissime pressioni che ha addosso la Grecia e chi la governa: ho sempre detto che a mio avviso esse derivano da errori di Syriza nella trattativa (conseguenza, forse, di un'errata valutazione teorica sulla democraticità e riformabilità dialogica dell'UE), ma che, in ogni caso, non possono essere ignorate in sede di valutazione.
Ognuno, leggendo, si farà la sua idea.
da http://popoffquotidiano.it/2015/11/12/grecia-ferma-primo-sciopero-generale-dellera-tsipras/
In corso in Grecia il primo sciopero generale da quando governa Syriza. In arrivo tagli delle pensioni e il congelamento degli stipendi. Non pervenuto il piano parallelo di Tsipras per i greci più poveri
di Giulio AF Buratti

In corso in Grecia lo sciopero generale, il primo dalle elezioni di Alexis Tsipras lo scorso gennaio, il primo contro il terzo memorandum imposto dal governo di Syriza e Anel, il quarantunesimo da quando il paese è stretto nella trappola della Troka, dal 2010.
Oltre ai sindacati GSEE e ADEDY, partecipano allo sciopero il PAME, Antarsya, Unità Popolare e la stesso Syriza: un comunicato del Dipartimento per le Politiche Lavorative del partito chiama allo sciopero contro le politiche del suo stesso governo. I trasporti pubblici operano a singhiozzo, la metro di Atene è ferma e i traghetti sono rimasti nei porti, interrompendo i collegamenti con le isole. Chiusi anche i musei, le scuole e le farmacie mentre gli ospedali garantiscono solo i servizi di emergenza. Ad Atene sono previste due manifestazioni per protestare contro l’austerity e il terzo programma di salvataggio.
«Tsipras assaggia il gusto della rabbia di quelli che pagano il conto della sua resa», scrive Carlo Formenti a proposito del primo display di resistenza di massa alle politiche neoliberiste che il premier di sinistra ha scelto di perseguire. Si protesta contro i tagli alla spesa e gli aumenti delle tasse. “L’inverno sta per essere esplosivo e questo segnerà l’inizio”, ha detto alla vigilia Grigoris Kalomoiris, uno dei leader del sindacato dei dipendenti pubblici Adedy.
“Quando il salario medio è già stato ridotto del 30%, quando i salari sono già inaccettabilmente bassi, quando il sistema di sicurezza sociale è a rischio di crollo, non possiamo stare fermi”.

Lo sciopero, scrive l’inglese Guardia, aumenterà la pressione su Alexis Tsipras che aveva stravinto le elezioni di gennaio giurando di voler bloccare l’austerità e poi ha rivinto a settembre promettendo che, se fosse stato lui a gestire l’inevitabile memorandum triennale, avrebbe varato un piano parallelo per ammortizzarne gli affetti sulla qualità della vita dei greci più poveri. Petros Constantinou, un membro di spicco di Antarsya ha detto al Guardian che «la nostra rabbia sarà implacabile».
Ha destato scalpore l’appello di settori di Syriza alla partecipazione di massa “contro le politiche neoliberiste e il ricatto da centri finanziari e politici all’interno e fuori della Grecia”. Molti suoi dirigenti cercano di esibire un certo grado di autonomia dal governo, cercano di non scollare il partito dai ceti popolari. Nelle prossime settimane saranno ulteriormente tagliate le pensioni e congelati gli stipendi.
Seduto nel quartier generale di Adedy, pareti degli uffici ricoperte di manifesti antiausterità, Kalomoiris, fuoriuscito da Syriza per unirsi a Unità popolare a luglio – accusa il governo di ipocrisia. La Grecia non può affrontare il default ma la crisi, dice, è tutt’altro che finita. La prospettiva di pignoramenti di casa per i greci che no riescono a stare alla pari con le rate dei mutui è un altro elemento incendiario in un clima già al punto di ebollizione. “Syriza – si legge ancora sul Guardian – può ora tentare di salvare la sua anima, ma è tornata indietro rispetto a tutte le sue promesse».

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da http://ilmanifesto.info/sciopero-anti-austerity-proteste-e-scontri/
Grecia. In piazza pensionati e lavoratori

È stato uno sciopero partecipato, sentito e con un’ unica rivendicazione principale: la fine delle politiche di austerità, perché i pensionati e i lavoratori dipendenti in primis, hanno ormai le tasche completamente vuote. Le piazze più note di Atene, quelle di Syntagma e di Omonia, sono state i punti principali in cui pensionati, impiegati, liberi professionisti si sono dati appuntamento.
Il grosso della mobilitazione è arrivato dagli iscritti dalle confederazioni sindacali Adedy e Gsee, che rappresentano il pubblico impiego ed il settore privato. Ma anche il sindacato Pame, del partito comunista Kke, ha fatto sentire la propria voce, chiedendo «un’alleanza popolare per poter veramente cambiare gli equilibri che si sono venuti a creare». E sono scesi massicciamente in piazza anche i professori delle scuole pubbliche, da sempre sottopagati ed in carenza di organico. «Parlare al governo perché, finalmente, a Bruxelles intendano» è stata l’intenzione di moltissimi partecipanti alla mobilitazione. Come annunciato, hanno manifestato anche molti deputati e membri del gruppo dirigente di Syriza, mentre il nuovo segretario del partito Panajotis Rigas ha dichiarato che si tratta di un messaggio il quale deve essere compreso dai rappresentanti delle istituzioni creditrici. I greci non vogliono ulteriori aumenti dell’iva, non possono sopportare altri feroci tagli alle pensioni, non accettano di lavorare in nero o sottopagati, sottostando ad ogni richiesta dei datori di lavoro, senza garanzie. Ed è per questo che ieri hanno incrociato le braccia. Ma sanno anche che, oggi come nel gennaio e nel settembre scorso, quando sono andati a votare, l’unica forza realisticamente in grado di battersi per portare avanti queste istanze, continua ad essere Syriza.
Con lo sciopero di ieri, indirettamente, si è voluto dire «no» anche agli scenari ed alle aspirazioni neanche tanto celate di chi, a Bruxelles, vorrebbe sostituire, appena possibile, l’attuale governo con un esecutivo «di larghe intese» o dalla formula affine, per continuare ad applicare senza nessuna resistenza le ricette di tecnocrati e neoliberisti. «La legge è la ragione del lavoratore», era scritto su uno degli striscioni della mobilitazione, accanto ad un feretro simbolico «dove giacciono gli artigiani ed i liberi professionisti». Proprio quelle categorie che non sono stati capaci di difendere i governi di centrodestra, che tanto avevano pubblicizzato la «success story» dell’ipotetica rinascita economica della Grecia. Una storia rimasta, ovviamente, solo nell’immaginazione di qualche stratega della comunicazione politica.
Non è mancato qualche scontro sporadico, tra manifestanti e polizia, vicino piazza Syntagma: dei giovani ha lanciato una molotov contro i poliziotti, che hanno risposto con i lacrimogeni. Niente a che vedere con l’atteggiamento duro ed ostile di gran parte delle forze dell’ordine, nelle decine di mobilitazioni organizzate dal 2010 sino alla fine del 2014. Al museo Archeologico Centrale della capitale greca si sono dati appuntamento anche gli esponenti di Unità Popolare– tra cui l’ex ministro Panajotis Lafazanis e la ex presidente del parlamento, Zoi Konstantopoulou– per ribadire che «con i memorandum, di ieri e di oggi, non di va da nessuna parte». La questione principale, dal punto di vista politico, ovviamente, è se Syriza sarà in grado di dare una risposta marcatamente diversa rispetto agli esecutivi del passato.
Non solo respingendo le richieste più estreme ed irricevibili delle istituzioni creditrici, ma cercando di imporre parte della sua piattaforma programmatica. Il nuovo problema, ora, è costituito da 750.000 famiglie in debito con l’ente delle’energia elettrica Dei, che, secondo la stampa, minaccia di lasciarle senza corrente. In tutto, le somme dovute superano i due miliardi e mezzo di euro, ed è chiaro che il governo Tsipras si dovrà impegnare a trovare una soluzione. Per proteggere, anche in questo caso (come per i cittadini che sono in arretrato con il mutuo e rischiano di perdere la prima casa) chi non riesce a pagare perché non ha più un soldo da parte.